Ultimo giorno, signori miei.
Ho dormito benissimo ed avrei continuato ancora per ore se Marghe non fosse venuta dolcemente a svegliarmi.
Ormai ho capito qual è il problema: possono russare anche 20 persone nella stanza, ma se ho i tappi per le orecchie, le lenzuola pulite e non devo dormire nel sacco a pelo, tutto andrà bene. Alti e mentila nottata sarà difficile. Stanotte le lenzuola erano profumatissime, la temperatura giusta ed il sacco lenzuolo l’ho addirittura lavato, sapendo che non l’avrei più usato.
Usciamo dall’ostello alle 7.30, poco dopo il suono della mia sveglia. Il cielo è striato di nubi bianche candide dietro le quali si apre un cielo blu intenso. Le vie del centro sono bagnate come quelle di Siviglia ogni mattina, anche qui in Rioja hanno lo stesso livello di pulizia e gli stessi turni. Il suolo bagnato riflette i colori intensi del cielo rendendo la via ancora più luminosa. Per strada solo Pellegrini, anziani e qualche giovane ubriaca che non è ancora tornato a casa da ieri sera.
Credo che mi mancherai. Sono sicura che mi mancherai. I miei pensieri vengono interrotti da un passante che ci augura “buen camino”. Ma ve lo immaginate andare a lavoro tutti i giorni ed al primo semaforo vedere qualcuno che vi sorride e vi augura “buona giornata”? Che sapore avrebbero le vostre mattine in ufficio se precedute da cotanto calore? Devo essere sincera, ogni mattina, se è nel suo ufficetto, dico “buona giornata” al mio portiere e lui risponde con un cenno del capo o con un sorriso stortino. È sufficiente, ma non è equiparabile. Magari qualcuno di voi vive con coinquilini, con la famiglia, con il fidanzato e vi dite a vicenda ogni giorno “buona giornata”, magari vi baciate anche, ma non è equiparabile. “Buen camino” è l’augurio di un passante, è gratuito, non è dovuto, qualcuno lo dice, qualcuno non ti guarda neanche in faccia, è una carezza ed è quello che ogni umano merita al mattino e pure nel pomeriggio.
“You are an incredible person”, Alex ha gli occhi rossi da ieri, da quando inaspettatamente gli ho regalato 2 braccialetti da portare a Santiago, uno per Cristian ed uno per una sua amica che è mancata qualche settimana fa. Ho anche comprato una spilla per ognuno, per ricordo, una freccetta gialla per indicarci la strada anche quando non saremo più qui.
I primi km oggi sono all’interno di un enorme bieco ben curato, nel quale vivono molteplici specie di animali, abituati al contatto con l’uomo. Mi lascio incantare da un cerbiatto che mangia a pochi centimetri dal mio viso, con le sue unghie lunghe ed i denti levigati. Volano colombe bianche e un laghetto nemmeno troppo piccolo è zona di pesca. Sono rimasta indietro guardando la fauna e non c’è nessuno che possa farmi una foto su questo ponte in legno, che mi ha riportata con un lungo deja vu a Macchu picchu. Gli intrecci catartici della vita.
Non voglio pensare che è il mio ultimo giorno, ma non riesco a non farlo. Eppure non è facile realizzare dove sarò dopodomani. Mi sembra assurdo che solo un paio di ore di bus-BlaBlaCar-aereo-bus mi separino da casa. Dovrò inghiottire ripetutamente le lacrime in questa giornata, già lo so.
Sad & glad.
Sulle mie prime all star delle medie, quando andava di moda scrivere sulle scarpe, avevo riportato una frase lègga da qualche parte su un primordiale Google Explorer. “Life is a journey, not a destination”. Il cammino ha una destinazione, che io non raggiungerò, ma che se anche raggiungessi, ora lo so, non potrebbe fine all’arrivo. Si, finirebbe la fatica, finirebbero gli ostelli, cambieremmo i vestiti, ma non finirebbe il nostro compito, il nostro viaggio, la nostra missione: portare la polvere magica della gentilezza, raccolta lungo la strada, in tutto il mondo. Spargerne un po’, in maniera discreta, in ogni luogo. Sotto il tavolo di un ristorante, in un angolo di una stazione, confondere con il sorriso e lasciarla cadere in una stazione di servizio, sotto il cuscino di tua sorella, nel bicchiere di un’amica.
Inizia la salita, alla mia sinistra un campo, alla mia destra boscaglia, Marghe davanti a me, il ritmo di qualche racchetta dietro di me. E – per continuare ad essere Kantiana – leggerezza dentro di me.
Dopo un parco meraviglioso, abbiamo percorso alcuni km fiancheggiando l’autostrada. Il suono della natura era coperto da quello delle auto, abbiamo così deciso di coprirlo con le nostre voci aggraziate.
C’erano molte persone interessate a “Bella ciao”, ma l’apice l’abbiamo toccato con Bohemian Rhapsody. Eravamo così sintonizzate che le gambe hanno iniziato a muoversi seguendo il ritmo della base, ogni acuto era un granello di amicizia che si posava su me e Marghe. È passata velocemente e siamo arrivati a Navarrete, la città del papà di Mabel. Quattro vie, mattoncini terra di Siena che ricordano la Toscana, una cattedrale da mozzare il fiato. Li, per paura di non avere altre occasioni, ho fatto un po’ di foto con i senior. Linda, per accendere le luci della chiesa, ha inserito 1 euro in una scatola di latta: il tonfo sordo della moneta, l’eco prodotto dagli alti soffitti, i sospiri di stupore dei presenti, erano gli unici suoni presenti tra quelle quattro mura. Nel dubbio, timbro.
Mettiamo i pantaloncini corti, la giornata lo permette e poi li abbiamo portati e li abbiamo sfoggiati solo una volta, sembrano sprecati nello zaino. Allo stop successivo mi costeranno un po’ di nervoso. Dopo aver pranzato con una nuova versione dell’insalata di pomodori, ho salutato Luigi, un medico veterano del cammino. Sempre molto spiritoso, forse troppo. Ci ha salutate dicendo “andate, andate a smaltire un po’ di cellulite”. Ci sono rimasta male. Le due signore accanto a lui gli hanno dato una pacca sulla spalla e non sono stata in grado di aprire una finestra, come Rosemberg mi ha insegnato, ma ho tirato su un muro. Marghe non poteva capire quello che aveva detto perché aveva parlato in italiano e mi sono sentita in dovere di difendere me stessa ed anche lei. Gli ho risposto in maniera simpatica, ma aggressiva “c’è chi deve smaltire la cellulite e chi 40 anni”. Che non significa assolutamente niente, che non ha sortito sicuramente più effetto di un pacato “guarda secondo me in questo caso la simpatia è stata esagerata sfociando in maleducazione, non ti puoi permettere di parlare così a persone che appena conosci, senza sapere quale sia la loro sensibilità”. Eppure no, mi è uscito un ruggito. Non l’ho mandato a quel paese, però ho ruggito e mi è dispiaciuto poco dopo. Ho avuto quello che in francese si chiama « Spirit d’escalier », quel momento catartico in cui, quando ormai è troppo tardi, quando sei già sulle scale, ti viene in mente la risposta perfetta. Ho raccontato il piccolo misfatto ai miei compari che, più infervorati di me, mi hanno fatto notare che non sono stata così antipatica e che una frase del genere, detta magari ad una persona con disturbi alimentari, avrebbe avuto un bruttissimo effetto. La loro sensibilità non smette di stupirmi.
Il cielo da azzurro si copre di qualche nuvola e ci pentiamo presto dei pantaloncini corti, ma ormai è troppo tardi. Mancano 4km e non si può mollare. Quando già vediamo la città, in un parchetto, si riposa un ragazzo italiano che non ho avuto il piacere di conoscere. Lo saluto. Mi squadra e mi chiede se sono io la ragazza che parte domani. Confermo. Sembra stupido che stia facendo una tappa in più per poi tornare indietro, ma mica si può perdere 1 giorno di cammino. Il fatto che la mia storia fosse arrivata prima della mia conoscenza alle orecchie di questo ragazzo è un fenomeno che chiamiamo “radio Camino”. Radio Camino è come la moquette dell’ufficio di MEP, è un passaparola, non si sa chi abbia detto cosa, ma tutti sanno. Sanno da dove vieni, qual è il tuo gruppo, sanno chi è vedovo, chi fidanzato, chi è al suo primo cammino e chi è un veterano, sanno quanti amori stanno nascendo e quanti sono finiti, sanno chi si è licenziato e chi è in pensione. Radio camino sà. Tutti sanno. Nessuno sparla. Tutti comunicano.
E tra una stazione e l’altra, si aprono le porte di Najera. La testa cede e le gambe si rilassano, iniziamo a trascinarle. Gaetano ci guarda da dietro e mi dice “non ci arrivate mica a Santiago eh”, infatti no carissimo, molliamo prima, hai proprio ragione.
Il tempo di una doccia ed il sole torna a splendere sulla città, lo seguiamo fino ad una piazzetta soleggiata. È qui che si chiuderà il mio cammino. Qui che saluterò il mondo. Sotto il sole, con un tavolo che diventeranno quattro, cinque, con il nostro team che, a furia di aggiungere posti a tavola, diventerà una combriccola. Qui, di fronte a quest’ultimo tramonto, finisce il mio cammino. Qui, ricomincerà. Non si sa quando, non si sa con chi, ma so che ricomincerà.
Grazie anime buone. Grazie Camino. Mi mancherete tutti.